Intervista a Francesco Casellato: ingegnere jazzista oggi birraio artigiano, creatore di Mostoitaliano e di uno dei luppoleti più grandi d’Italia

“Ho scelto di realizzare un prodotto davvero 100% italiano, figlio di soli ingredienti territoriali, e la scelta ci ripaga con successo. La passione? Da sola non basta, servono sacrificio, studio e competenze. La birra mi ha cambiato radicalmente la vita, è stato un percorso duro e faticoso, ma non mi sono mai pentito di questa scelta!”

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Parlaci un po’ di te, Francesco…

Sono un ingegnere energetico di 31 anni con la passione per la musica, quindi un razional-creativo. Suono il pianoforte da più di 20 anni, faccio parte di un quartetto jazz, e nella birra ho trovato il perfetto connubio tra la mia parte tecnica e scientifica e quella fatta di estro e creatività.

Prima di entrare in contatto con Accademia delle Professioni e intraprendere il percorso che mi ha portato a diventare Birraio Artigiano, lavoravo tra Milano e Roma come consulente commerciale per una multinazionale, il classico lavoro in giacca e cravatta insomma.

E poi? Come sei arrivato a intraprendere il mestiere di Birraio?

Sentivo un fuoco dentro, il bisogno di creare qualcosa di mio, e quindi ho continuato a lavorare come commerciale esclusivamente in vista della futura creazione di una mia attività. Mi sono avvicinato alla birra interpretandola come espressione di un prodotto agricolo, e il Corso per Birraio Artigiano DIEFFE mi è servito per capire che era davvero ciò che mi interessava, che mi riusciva e che mi piaceva.

Per un anno mi sono diviso tra lavoro e corso. Ogni fine settimana prendevo il treno da Roma e venivo fin qui a Padova per seguire le lezioni, che erano a frequenza in formula weekend. Le ferie estive di lavoro le ho passate facendo il tirocinio formativo in birrificio. Qualche mese dopo aver concluso il corso e aver conseguito il Diploma di Qualifica di Birraio Artigiano, mi sono licenziato e ho iniziato la mia avventura imprenditoriale, che oggi si chiama Mostoitaliano.

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Diventare birraio ha cambiato la tua vita…

Radicalmente, ma non mi pento per nulla della mia scelta. Sono passato da uno stile benestante a un anno e mezzo di totali rinunce per investire tutto nella realizzazione del mio progetto. Dalle passioni come moto e viaggi sono passato a trascorrere l’estate costruendo essiccatoi per il luppolo…ed  stato bellissimo!

Ho imparato ad affrontare i momenti meno fortunati e a tener duro di fronte alle avversità. Come quando credevo di avercela finalmente fatta e di poter finalmente iniziare a costruire il mio birrificio, ma tutto è saltato. Il giorno stesso della firma del contratto di acquisto del capannone, il 23 dicembre 2015, lo ricordo ancora.

Ma non mi sono rassegnato, ho fatto lo slalom tra i mille problemi burocratici che mi si presentavano davanti, e alla fine, dopo un anno e mezzo appunto, sono stato premiato. Sono entrato in contatto con una Cooperativa Agricola Sociale di Roma, “Agricoltura Nuova”, e abbiamo sottoscritto il primo contratto in Italia di rete agricola.

C’è da dire che in quell’anno e mezzo di stop burocratico non ho mai smesso di studiare, ho approfondito la teoria e letto tutti i testi sulla birra che io sappia esistano, sia in italiano che in inglese, componendo un mio manuale, combinando il sapere appreso in DIEFFE, quello studiato nel tempo e ciò che ho imparato personalmente attraverso il mio metodo sperimentale.

Qual è l’idea alla base di Mostoitaliano, la sua particolarità?

Si chiama Mostoitaliano perché produciamo una birra davvero Made in Italy, figlia di soli ingredienti italiani e territoriali, coltivati nel miglior modo possibile e lavorati rispettando i criteri dell’agricoltura biologica, biodinamica e a km 0. Contro funghi o agenti infestanti usiamo metodi ecologici, come la propoli ad esempio, niente rame né zolfo.

Il lievito è l’unica componente che acquisto da un terzo, ma per il resto produciamo tutto noi, dall’orzo al malto, e soprattutto il luppolo! Spesso i produttori di birra cercano la novità nell’ingrediente speciale, nell’aggiunta di una spezia particolare, della buccia di un determinato agrume, ma a cosa serve se tanto poi il luppolo è sempre lo stesso, proviene magari dall’estero e non hai “il controllo” sulla sua produzione? Resti vincolato a qualcosa che ha realizzato qualcun altro.

Io ho investito tutti i miei risparmi e ho usato la mia laurea in ingegneria per progettare il nostro luppoleto, una delle mie soddisfazioni più grandi. E ad oggi è uno dei più estesi d’Italia! Lo scorso anno abbiamo effettuato la raccolta del luppolo a mano, quest’anno ho reinvestito in attrezzatura e l’altro ieri è arrivata la macchina tedesca per procedere più agevolmente alla raccolta.

Ad oggi non riesco a stare dietro alla domanda, tutto ciò che produco è praticamente già venduto! Ma ho scelto di bypassare i distributori, almeno per ora, anche se sono loro stessi a presentarsi da noi senza averli nemmeno cercati. Ci stiamo focalizzando molto su Roma e sul territorio circostante, trovandoci in una riserva naturale ho deciso di concentrarmi sulla vendita in prima persona aprendo le porte al consumatore o direttamente al venditore che decide di commerciare i nostri prodotti…su richiesta siamo noi stessi a recapitare le birre a domicilio con i nostri mezzi!

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Hai detto riserva naturale?

Ci troviamo nella Riserva Naturale di Decima-Malafede, subito fuori dal raccordo anulare di Roma. In quella zona doveva essere costruita una città negli Anni Settanta, ma la Cooperativa “Agricoltura Nuova” fortunatamente occupò il terreno, avendo poi la concessione dell’affitto dal Comune e trasformandola in una riserva naturale. Mostoitaliano si inserisce in questo contesto, e quindi è facile capire perché il “naturale”, il “biologico”, sono concetti insiti nel DNA delle nostre birre.

Il birrificio è sorto all’interno di un vecchio caseificio abbandonato. Io e la mia ragazza ci siamo rimboccati le maniche e lo abbiamo pulito da cima a fondo, igienizzando e sanificando come insegna il buon Nicola Coppe, vostro docente di Analisi della Birra.

È vero che il tuo è un birrificio agricolo e naturale ma innovativo e super tecnologico?

Una volta ho sentito una frase che recita “Gli agricoltori fanno il buon vino, gli ingegneri fanno la birra!”, ed è proprio vero! Per un ingegnere il birrificio è un parco giochi fatto di tante variabili, tanti metodi. Ho comprato solo la parte “hardware”, ovvero la parte fisica in acciaio come fosse un impianto manuale, e tutti i sistemi di automazione e controllo li ho scritti con l’aiuto di due amici “nerd” come me e un Computer Raspberry. In pratica abbiamo applicato la domotica al birrificio anziché alla casa, e abbiamo anche creato una serie di App per controllare tutte le fasi della produzione in tempo reale e gestire l’approvvigionamento delle materie prime.

Ah, quasi dimenticavo, il birrificio parla! La sala cotte non è molto grande, parliamo di 30 mq, ma l’abbiamo dotata di comandi vocali, posso dire “Avvia la produzione” e l’impianto parte, una voce mi avvisa nei vari passaggi o se qualcosa non va.

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In Accademia delle Professioni hai frequentato il Corso per Birraio Artigiano, ma anche Analisi della Birra e Tecniche della Spillatura. Qual è il tuo giudizio sull’Accademia?

Devo dire che l’Accademia Birrai Artigiani fondata da Accademia delle Professioni è diventata un po’ il mio punto di riferimento didattico e formativo.

Aver frequentato il Corso per Birraio mi ha aiutato a comprendere che la strada scelta era quella giusta, mi ha preparato tecnicamente e mi ha permesso di stringere contatti importantissimi! Con lo stage ho visto due facce della stessa medaglia. Mentre ancora lavoravo ho speso le 3 settimane di ferie estive in tirocinio presso Vapori di Birra, in Toscana, un birrificio che usa un impianto di produzione geotermico! Trattandosi di una realtà dalle dimensioni contenute, è stata un’esperienza completa, mi ha permesso di spaziare dalla preparazione delle ricette alla pulizia dell’impianto, dalla macinazione dell’orzo alla spillatura nelle feste di paese, guardando negli occhi il cliente mentre assaggia ciò che hai creato. Ho concluso il tirocinio presso Birradamare, mi serviva una realtà vicino a Roma perché non avevo più ferie da smaltire. Un birrificio più grande, in cui ho ricoperto una mansione più specifica, e specializzata.

Sono tornato volentieri in Accademia delle Professioni per il Corso di Analisi della Birra, che ho trovato utile e accurato, perfetto per chi è già del mestiere e ha bisogno di approfondire un tema così importante con un docente preparato e competente come Nicola Coppe. Per quanto riguarda il Mini Master in Spillatura, ho deciso di frequentarlo per poter poi trasferire quanto appreso alle persone che lavorano e lavoreranno con me, affinando le tecniche di servizio, e quindi di vendita, quando andiamo a proporre Mosto Italiano. Lo trovo un corso adatto non solo ai Birrai, ma anche a chi opera in generale nel settore Food&Beverage o a chi è un appassionato.

Cosa vedi nel futuro di Mostoitaliano?

Vedo la voglia di non fermarsi mai, di svilupparsi mantenendosi ben ancorati ai valori iniziali. La mia azienda sono io stesso, mi ci identifico totalmente, tanto che, mi hanno fatto notare, sul biglietto da visita non c’è nemmeno il mio nome ma solo quello dell’azienda, e non è stata una scelta voluta…non me n’ero nemmeno accorto!

Le premesse sono di sicuro le migliori, continuiamo a crescere. Sto cercando un assistente birraio proprio attraverso DIEFFE, e credo di averlo trovato! La mia è una visione a lungo termine e sono molto sensibile al tema della dimensione “sociale” di un’impresa;  voglio che chi entra a far parte di Mostoitaliano ci stia bene, che cresca e vada avanti con l’azienda sentendosi felice e appagato.

Voglio costruire una squadra fatta di persone appassionate e competenti, sulle quali sono pronto ad investire per continuare a crescere. Al mio annuncio hanno risposto tanti amanti della birra, ma pochi avevano intrapreso un percorso di studio o formazione, o comunque non erano intenzionati a farlo. Allora ho cercato direttamente tra gli allievi birrai DIEFFE.

Per produrre birra, soprattutto in una realtà agricola, la passione non basta. Ti dà lo sprint per superare le difficoltà, le annate difficili, il tempo tiranno, ma non ti fa mangiare, non ti paga le bollette. Fare la birra rappresenta il 30% del lavoro, e già quello richiede competenze tecniche e scientifiche, se poi ci affianchi la burocrazia, il contatto con i clienti, con i fornitori, la scelta delle materie prime, la vendita…capisci bene che studiare e formarsi è obbligatorio, o il fallimento è dietro l’angolo!

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FRANCESCO HA FREQUENTATO IL CORSO
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